Il 17 febbraio ricorreva la messa al rogo di Giordano Bruno.
Bruno nasce a Nola, una piccola città vicino Napoli, nel 1548 da una nobile famiglia campana. Qui, Giordano è convinto di essere al sicuro, invitato dal nobile Giovanni Mocenigo, desideroso di farsi istruire dal filosofo nell’arte della memoria. Tuttavia, le idee coraggiose e «blasfeme» dell’ex-frate spaventano il nobile, che decide di denunciarlo e consegnarlo nelle mani dell’Inquisizione. Nel 1593 Giordano viene trasferito all’Inquisizione di Roma che, con scarsi tentativi, prova a convincerlo a ritrattare le sue idee «eretiche». Dopo sette anni di carcere e torture, Giordano continua a rifiutare di abiurare e viene condannato al rogo. Come detto sopra, il 17 febbraio 1600 viene arso vivo a Roma in piazza Campo dei Fiori davanti alla folla. Durante il processo lui dice: “Tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”.
Le opere di Giordano Bruno, oltre alla diversità degli argomenti trattati, ci riportano costantemente all’interesse principale del filosofo: la natura. Quest’ultimo non la osservava e studiava con l’occhio clinico e rigoroso di molti suoi contemporanei. Giordano Bruno non era uno scienziato, né aspirava ad esserlo, ma la conoscenza della natura lo appassionò sotto forma di un amore infinito e di un’improvvisa padronanza di tutti i suoi segreti.
Per Bruno l’universo è infinito perché nulla al di fuori di esso può limitarlo, nemmeno Dio, che è coerente con l’universo stesso: Dio pervade il mondo ed è presente in ogni sua parte.
Il mito di Atteone simboleggia l’unità tra uomo e natura: il cacciatore insegue la sua preda, liberando il mastino (volontà) e i veltri (agilità), ma nel riflesso nell’acqua, Diana è vista nuda. Ciò che vede il cacciatore è il camuffamento delle cose del mondo, la vita che scorre nella natura, i principi divini che animano il mondo. All’improvviso il cacciatore si trasforma in preda (un cervo, per farsi amare da Diana), e il suo cane gli si avventa addosso.
Atteone cercò fuori di sé la bontà, la saggezza e la bellezza, e quando raggiunse Diana rimase incantato da questa bellezza e ne cadde preda, vedendosi trasformato in ciò che stava cercando. Atteone non aveva bisogno di cercare la divinità all’esterno perché già la possedeva.
La conoscenza della natura rivela all’intelletto che ciò che si cerca fuori dell’uomo esiste nell’uomo, opera nella natura, è vivo e pulsante nell’uomo: non c’è rottura né trascendenza tra uomo, natura e Dio poiché è unità pura e concreta.



